
Chi è contro questa legge teme
che questa sia l’anticamera dell’eutanasia nella sua forma più radicale.
Oggi si comprendono nel termine “eutanasia” gli interventi medici,
attivi o passivi, volti a interrompere la sofferenza di una persona malata
terminale previo suo inequivocabile
consenso. In greco antico
eutanasia significa letteralmente “buona morte”.
Si parla di eutanasia
passiva quando il medico si
astiene dal praticare cure volte a tenere ancora in vita il malato; di eutanasia attiva quando il medico causa direttamente la morte
del malato; di eutanasia
attiva volontaria quando il
medico agisce su richiesta esplicita del malato. Nella casistica si tende a far
rientrare anche il cosiddetto suicidio
assistito, ovvero l’atto autonomo di porre termine alla propria vita compiuto
da un malato terminale in presenza di un medico e con mezzi da lui forniti.
L’eutanasia attiva, in Italia è assimilabile all’omicidio volontario. Nel caso si riesca a dimostrare il
consenso del malato – omicidio del consenziente – le pene vanno comunque dai sei ai quindici anni di carcere. E' proibita anche l'eutanasia passiva, pur essendo difficile dimostrare la colpevolezza del medico.
Secondo la Chiesa cattolica, la vita è stata donata da Dio e solo lui può
disporne, ragion per cui l’eutanasia è un omicidio. È al
massimo ammessa la fine delle terapie qualora venissero ritenute
sproporzionate. È chiaro che una posizione del genere si pone esclusivamente
dal punto di vista del medico e non da quello del paziente sofferente. In passato, anzi, talvolta questa sofferenza
era ritenuta un modo di “partecipare” alla passione di Gesù e ancora oggi
l’Italia è clamorosamente indietro nella somministrazione di morfina ai malati
terminali.
Non tutte le chiese cristiane la pensano però così. Diverse chiese
protestanti hanno infatti assunto
posizioni più liberali e alcune chiese minori riconoscono apertamente il
diritto dell’individuo di disporre della propria vita. Per i valdesi
l’eutanasia “è un diritto che va riconosciuto”.
Nel marzo 2015 Marco
Cappato, Mina Welby e Gustavo Fraticelli hanno iniziato una disobbedienza
civile fornendo informazioni e dando supporto logistico alle persone malate
terminali che volevano rivolgersi
ad associazioni svizzere. Da quella data, sono state aiutate 230 persone
presentatesi in forma non anonima.
Per Cappato, “lo Stato non ha alcun titolo per impedirci di fare
qualcosa se non danneggia gli altri”. Per l’UAAR, “tutti i sondaggi condotti
negli ultimi anni attestano che la maggioranza degli italiani è favorevole alla
legalizzazione dell’eutanasia”. Il 13 luglio 2000 l’allora Ministro per la
Sanità Sandro Veronesi ha affermato che “l’eutanasia non è un tabù”, e che una
soluzione al problema deve essere trovata in tempi brevi.
In estrema sintesi, chi è
a favore sostiene che l’eutanasia è un modo per tutelare la libertà
umana, ma soprattutto la dignità
di ognuno. A volte ci sono patologie
talmente devastanti da rendere la vita un supplizio tanto per il malato che per
chi gli sta intorno. Se lo si decide, si deve poter essere liberi di porre fine
ad una sofferenza che non ha possibilità di guarigione. Nel caso di
persone tenute in vita artificialmente, l'eutanasia è vista come il semplice
lasciare che la vita segua il suo corso naturale.
Chi è contro l’eutanasia, invece,
sostiene che la vita umana deve
essere tutelata fino ai suoi estremi, e che nessuno, nemmeno relativamente a se
stesso, può arrogarsi il diritto di porle fine prima del suo esito ultimo.
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