Poi ho saputo che il consueto corteo della
Liberazione non si teneva per mancanza di porta bandiera e di partigiani ex
post. Non mi sono meravigliato né indignato, perché per quel che mi riguarda la
liberazione dell’Italia dal nazifascismo è iniziata il 3 settembre 1939 con la
dichiarazione di guerra di Inghilterra e Francia alla Germania nazista, con la quale l’Urss aveva invece stipulato un patto di non aggressione e di spartizione
dell’Europa dell’Est.
Comunque, la domanda da porre è: la resistenza fu
soprattutto una guerra civile? Alla sinistra italiana questa definizione non
piace, ma leggiamo come la pensa Claudio Pavone – lo storico
che ha disseppellito la Resistenza dalle macerie della retorica – in “Una guerra
civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza”.
Nell'opera l'autore, già partigiano di sinistra, analizza la Resistenza
interpretandola come triplice guerra: patriottica, contro l'invasore tedesco; civile, fra italiani fascisti e antifascisti; di classe, fra componenti
rivoluzionarie e classi borghesi. Questa di Pavone è considerata un'opera
cardine della storiografia italiana sul periodo 1943-1945 per aver accolto il concetto di guerra civile.
Pavone dice che tra l'8 settembre 1943, data del Proclama
Badoglio, ed il 2 maggio 1945, data della Resa di
Caserta, si combatterono in Italia tre
guerre contro tre figure di nemici ben
precise e differenti. Le tre guerre furono, come già detto, la guerra di liberazione nazionale, la guerra civile e la guerra di classe.
La guerra di
liberazione nazionale, o guerra patriottica, fu combattuta dai partigiani contro
lo straniero invasore. Ma il nemico di questa guerra non fu percepito come un
semplice straniero bensì anche come il nazista, e questo – secondo Pavone, che
in pratica riprende Ernst Nolte – ci porta già sul terreno della guerra civile
come grande guerra civile europea.
La guerra
civile fu combattuta dai partigiani contro i fascisti, ovverosia
tra italiani e contro un nemico ideologicamente connotato dal sistema di
pensiero fascista.
La guerra di classe viene
considerata un aspetto della guerra civile. Infatti, sostiene Pavone, “non
tutti gli antifascisti erano socialmente proletari, né tutti erano
ideologicamente disposti a far coincidere fascismo e oppressione di classe”.
In questo senso la concezione classista della
guerra civile è il modo in cui la frangia comunista della Resistenza
visse la lotta al fascismo, considerata lotta del proletariato contro
il padronato. In sintesi l'autore afferma nel complesso il valore positivo
della Resistenza e la sua importanza decisiva per la riconquista della dignità
nazionale e per una vera rinascita della patria.
Tutto questo per dire – secondo noi – che il 25 aprile è
ormai un mito logorato.
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