sabato 8 luglio 2017

Essere diversi

Alla scadenza dei termini per la presentazione di eventuali osservazioni alla variante del Burchio, ne sono state contate ventitré tutte di matrice politica. Siccome sono stucchevolmente  ripetitive e perciò noiose – da quattro anni stiamo ascoltando le stesse identiche cose – non ce ne occuperemo.

Riprenderemo invece il discorso iniziato la volta scorsa sui “cementipocriti”, su coloro, cioè, che riguardo al cemento e all’ambiente hanno atteggiamenti ambigui o palesemente contraddittori e dai quali abbiamo dimostrato di essere culturalmente diversi.  

La volta scorsa abbiamo parlato di quelli che non vogliono il cemento a Montarice, ma che da quelle parti si sono fatti costruire fior di palazzi e ville. Cosa che equivale a predicare sì l’amore libero però lontano dalla propria moglie.

Oggi vogliamo parlare del consumo di suolo, vero e proprio cavallo di battaglia dei cementipocriti. La giunta Montali era (?) contro la cementificazione e il consumo di suolo, ma non sempre e in generale, bensì soltanto in occasione della crociata scatenata contro la Coneroblu. Per questo si dice che chi si oppone a una lobby di solito è amico di una lobby diversa. Non c’è niente di male, naturalmente, perché ognuno è libero di portare avanti le proprie idee, che di solito coincidono con i propri interessi.  

Uno dei punti della delibera 46 del 21.11.2014 targata Montali-Riccetti-Berti – quella che ha annullato la delibera 63 targata Ubaldi e che ha praticamente messo fine alle velleità della Coneroblu sul Burchio – dice: “In caso di annullamento il Comune avrebbe la possibilità, alla luce di uno studio volto a garantire un disegno unitario della città, di regolamentare ex novo l'area oggetto di Variante, ricavandone certamente maggiori vantaggi (di carattere urbanistico e finanziario) a seguito della corretta impostazione della procedura”.

A parte la “carrettella” del “disegno unitario della città” – come dire che a Montarice si dovrebbero mettere casotti e ombrelloni – in pratica vi si dice che - se facciamo saltare la delibera Ubaldi potremo poi edificare sulla stessa area. Magari con meno metri cubi, giusto per salvare la faccia, ma con più soldi per il Comune. Chi sarà chiamato a costruire ve lo diciamo dopo. 

Il consumo di suolo, come si vede, è stato totalmente dimenticato: solo si dice di voler cementificare seguendo una diversa procedura. Insomma, per andare a Recanati sarebbero passati per Loreto piuttosto che per la strada dei Pali. Più ipocrisia di questa? E i montaricini che dicono? Non ci hanno fatto caso? 

Vediamo ora come nel nostro caso potrebbero intrecciarsi politica e giurisprudenza, intesa questa come criterio interpretativo adottato da un giudice nell’applicazione della norma attorno a questioni di tipo urbanistico.

Recentemente, a Porto Recanati abbiamo avuto tre avvocati in giunta – tra i quali il sindaco – e uno alla segreteria generale. Ma non si può dire che abbiano agito politicamente bene. Se fossero stati meno approssimativi nelle loro valutazioni e più prudenti nei loro atteggiamenti, oggi sarebbero a Palazzo Volpini. E chissà per quanto tempo ancora, visto che la sentenza del Consiglio di Stato sul Burchio avrebbe spinto il Partito democratico a rientrare in maggioranza.

Ma proprio questo è il punto. Veramente con il duo Montali-Riccetti ancora in sella avremmo avuto quella sentenza? O meglio, il duo Berti-Riccetti avrebbe funzionato meglio del duo Passerotti-Berti? No, perché Riccetti non avrebbe costituito nessun valore aggiunto in chiave politica, mentre Passerotti sì.

In conclusione, il Burchio non è passato perché a Palazzo Volpini c’era il commissario Mauro Passerotti. La sentenza del Tar aveva infatti rimesso il resort in sella, e seguendo la stessa prassi appare per lo meno dubbio che l’avvocato Berti sarebbe riuscito da solo a strappare una sentenza favorevole al Comune puntando tutto su un’unica aleatoria carta, quella dell’impatto ambientale. Su questa sentenza ci sarebbe molto da dire, e può darsi che lo faremo.   


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