venerdì 2 giugno 2017

A che servono?



Ciò che dovrebbe urtare più di ogni altra cosa a un portorecanatese vero e responsabile è che a decidere le sorti della sua città siano persone, comitati e associazioni che con Porto Recanati non hanno niente a che vedere. E poi che ci siano concittadini – o finti tali – che vorrebbero vedere e mantenere miserina la propria città. Questi e quelli, facendo leva sul poco coraggio dei cosiddetti portolotti, si sono uniti in unica possente crociata. Sì, si tratta proprio di crociata, perché non ci troviamo di fronte alla battaglia di un giorno, ma di una vita.

Eccole, le crociate contro l’infedele portorecanatese amante del progresso: villaggio outlet di Scossicci, Centro commerciale del Bivio Regina, rigassificatore, darsena, Parco del Burchio, ecc. Qui non stiamo a discettare sul valore intrinseco di ognuna di queste opere, ma reagendo allo stato di sudditanza – dovrei dire di minorità, ma non lo dico – in cui Porto Recanati versa al cospetto di realtà a sé aliene e ostili. 

Ultimamente ho criticato Italia Nostra per il suo continuo intromettersi – grazie anche alla presenza in loco di quinte colonne – negli affari di Porto Recanati, perfino facendo sentire la sua interessata presenza in più appuntamenti alla Sala Biagetti nell’imminenza delle ultime elezioni comunali. Da che cosa può essere legittimata un’invadenza così asfissiante? A che titolo parla questa che è un’associazione privata? Che valore hanno i suoi giudizi? E perché ascoltarli?

Il grado di civiltà di un popolo non si ricava dai suoi valori estetici o dalla sua morale, ma dalle sue leggi. Se un’iniziativa non è vietata dalla legge, perché mai dovrebbe arretrare o addirittura naufragare di fronte alle valutazioni di associazioni ambientaliste o di soprintendenze? A che servono gli  uffici tecnici comunali, provinciali e regionali se i loro pareri possono essere resi nulli da una qualsiasi associazione ambientalista? Non ci sono forse negli uffici tecnici fior di ingegneri, architetti, urbanisti, geologi, eccetera? E non ci sono le Conferenze dei servizi a esprimere parere di impatto ambientale di un’opera?

Parlo con cognizione di causa, avendo avuto diversi e anche turbolenti confronti con la compianta Liana Lippi, soprintendente ai Beni architettonici e ambientali delle Marche nei primissimi anni 2000 -  ai tempi, cioè, in cui si doveva decidere delle sorti del Capannone Nervi.

Guglielmo Ockam diceva che “è sciocco moltiplicare arbitrariamente gli enti”, e questa semplice osservazione fece cadere, per il suo assoluto buon senso, tutto il grandioso sistema cosmologico aristotelico-tolemaico. Ecco: a che servono le associazioni e gli enti che si occupano di urbanistica quando già ci sono innumerevoli valenti tecnici a interessarsene?

Vediamo ora la battaglia contro il rigassificatore promossa dal proprietario dell'Api Ferdinando Brachetti Peretti e sostenuta da Forza Italia e dal comitato RigassificatoreNoGrazie. Come si è conclusa? Nel modo che il rigassificatore è andato a Falconara – anche se io non credo che vedrà la luce – cioè a 14 chilometri dalla costa e quindi vicinissimo – osservare attentamente la mappa – a sette delle otto sorelle che hanno fatto da spalla a Brachetti Peretti. Parlo di Ancona, Camerano, Sirolo, Numana, Castelfidardo, Loreto, Recanati. Porto Recanati è alla stessa distanza che se lo avesse avuto al largo di Scossicci, ma stranamente nessuno ne ha più paura.

E cosa disse Moreno Pieroni – che a suo tempo fece carte false per boicottare il rigassificatore di Porto Recanati – all’assemblea delle Marche il 17 maggio 2011 a proposito del rigassificatore di Falconara? Esattamente questo: “… se si parlerà semplicemente di un rigassificatore diremo no (intendendo noi socialisti), se invece parleremo di un contesto energetico inserito in un confronto forte con la proprietà (cioè con l’Api di Brachetti Peretti), saremo pronti a dare delle risposte e magari a modificare anche i nostri pareri”. E infatti li modificarono, un po’ come Alberto Sordi in Tutti a casa.

Detto questo, c’è anche da dire che tutti quelli che si vantano di aver fermato la Gaz de France farebbero bene a essere più cauti, perché dovrebbero prima parlarne magari con Gianni Letta.

Concludo ricordando un evento che  avrebbe potuto cementare lo spirito di popolo dei portorecanatesi, sempre pronti ad azzuffarsi ma mai disponibili se c’è da far sistema per conquistare qualche importante traguardo. Parlo della costituzione del  Comitato per Ancona, che ha avuto tra i fondatori più importanti Giovanni Giri e Roberto Annibaldi. Lì sì era stata trovata un’unità di intenti tra tutte le componenti della società portorecanatese.

Ma si trattò di un entusiasmo effimero, perché la riduzione del numero delle provincie è saltata e Porto Recanati ha potuto salvarsi dall’andare a finire in Provincia di Ascoli Piceno. Ma in compenso è caduta di nuovo nel baratro della incomunicabilità politica e sociale.


Oggi nemmeno il porto riscalda i cuori, perché ci sono gli amici di Italia Nostra che vanno girando col “cariolo” carico di panetti di ghiaccio.    

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